lunedì 28 gennaio 2013

AMOUR

MR ci ha riprovato, e questa volta ci è riuscita.
Insieme ad A si è recata al cinema, ed è arrivata in orario. Non solo; oltre ad essere stata puntualissima ha scelto anche un filmone. Un porno d'autore, Amour di M. Haneke, Palma d'Oro a Cannes 2012 e cinque nomination agli Oscar 2013. Assolutamente sconsigliato ai maggiori di cinquant'anni, e tutto incentrato sull'oscenità del traboccante e ineluttabile dolore della malattia (porno in questo senso, che avevate capito?) che irrompe arrogante e aguzzina quando una vita è già ad un passo dal suo atto finale, MR ed A si sono avventurati in un'esperienza che pensavano potesse far bene al loro animo; che potesse essere propedeutica alla convivenza con una possibile dentiera, e fornire loro preliminari su come affrontare serenamente i futuri e marcati cali della vista. Insomma, istruttiva, contrariamente a quanto espresso da un passante poco prima che iniziasse lo spettacolo:
"Questo cinema è già brutto di suo, se poi vai anche a vedere un film del genere, da tirarsi martellate sulle palle ogni due secondi, ti butti dalla finestra!"
Il cinema in questione è una piccola sala non di ultima generazione dove generalmente proiettano film d'essai, che a MR piace molto; il passante in questione, con ogni evidenza, è un uomo dalla profondità interiore di una pozzanghera (MR ha rivisto e corretto questo giudizio alla fine dello spettacolo... anche prima... facciamo alla fine del primo tempo). Dunque, inizialmente MR ed A pensavano, ottimisti, fattivi, e propositivi, che la visione del film avrebbe prodotto benefici alla loro futura cresc... ehm, al loro cammino in direzione del tramonto, e al conseguente stile di vita. Hanno, invece, sospettato - già in coda alla biglietteria, dove, l'età media dell'utenza, nonostante l'aria di chi si sente ancora in partita nella spinosa faccenda dell'amore, era settant'anni, con qualche picco di sopravvissuti alla fame, ai combattimenti ed ai bombardamenti dell'ultima guerra - che forse non sarebbe stato esattamente così. Infatti, sbattuti "cinicamente" da Haneke nella dura, crudele, e spietata realtà della devastazione che si accanisce sulla vita dell'uomo quando non ha più niente in cui credere, quando la speranza è ormai un trascorso e non più una prospettiva, quando dentro un corpo, solcato da grinze e increspature, la gioventù urla inascoltata e l'anima è fatta a fette dal malessere, MR ed A si sono sentiti investire da sentimenti lugubri e deprimenti.
Alla fine di un film dalla leggerezza di un titano, decisamente contro la prevenzione del suicidio, a favore dell'eutanasia, si sono scambiati suggerimenti sugli ormai risoluti e determinati propositi suicidari futuri, hanno anche convenuto entrambi su una eventuale stesura del testamento biologico, ed hanno osservato un imbarazzato pubblico in età avanzata che usciva ed uno sognante che entrava per lo spettacolo successivo.

10 commenti:

  1. confermo: ho fatto bene a non venire!!!

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    1. io a te prima o poi ti meno! ;)

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    2. a proposito lunedì vado a Pisa a vedere kandinsky, ci vieni?

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    3. Eh, lo so che c'è una bellissima mostra, ma non posso... Volontariato.

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  2. Sono film ostici questi, EmRose :-) ma per me la tristezza non è una categoria di discrimine in negativo per un'opera cinematografica...un film può essere triste fin che si vuole, ma se dentro c'è intelligenza, sensibilità, capacità di narrare da parte del regista, buona resa da parte degli attori...beh, allora si può dirsi soddisfatti del film, anche se è il più triste del mondo :-)...il peggio però è la tristezza gratuita, quella piazzata lì solo per cercare l'effetto, per strappare il sentimentaccio a buon mercato :-) su quella riverso tutto il mio biasimo e, potento, anche una fila di bastonate sulla schiena del regista :-)

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    1. che la scure spacchi il ghiaccio interiore della tristezza, però. sai, gilli, la cosa che mi ha colpito di più vedendo il film è stata la certezza di vedere davanti a sé (l'interpretazione della Riva in questo è eccellente e superlativa) solo un orizzonte limitato dalla fine ineluttabile e quindi dalla morte. nessuna via di fuga dalla disperazione della malattia resa ancora più prorompente dall'età avanzata. sembrava un incubo dentro un vicolo cieco. un film che ti tiene inchiodato alla poltrona - per quel che mi riguarda, quando succede devo aspettare anche i titoli di coda perché smetta di piangere - vale la pena di essere visto, però a volte càpita di doversi far forza. finisco con un esempio. vidi un film, anni fa, con raquel welch, se non ricordo male, sull'eutanasia... devastante. d'accordo con te sulla tristezza spazzatura. baci

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  3. Cara, ma un sano quanto violento film intitolato Django, ti faceva impressione???

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  4. Strega, a me Tarantino fa impazzire, ma io e il cinema, come puoi leggere, un destino impossibile!

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